Un rito antichissimo che ora viene scelto da più di 3 italiani su 10. Tra le motivazioni, il risparmio sui costi dei loculi per le urne cinerarie ed un ritorno alla natura, se si opta per la dispersione delle ceneri
Dal 3 a oltre il 33%. E’ questo l’aumento del ricorso alla cremazione in Italia dal 1995 ai giorni nostri. In meno di 6 lustri si è passati da 15 mila cremazioni in un anno alle 290 mila del 2021. Numeri che posizionano il nostro Paese al quarto posto in Europa dopo la Gran Bretagna, la Germania e la Francia.
Una tendenza costante negli ultimi anni ma che con l’emergenza pandemica ha avuto una crescita ancora più evidente. Ed è un fenomeno che riguarda, anche se in misura più contenuta, pure le Regioni del Centro e del Sud Italia che scontano una carenza di forni crematori sul territorio,
Prima di tutto occorre ricordare che la cremazione di un corpo non è un rito introdotto recentemente ma anzi ha una tradizione antichissima. Il caso più datato di cremazione risale ad almeno 17.000 anni fa: i resti di un corpo in parte cremato sono stati trovati nel lago Mungo, in Australia. In Medio Oriente e in Europa sia l’inumazione che la cremazione furono praticate a partire dall’epoca neolitica anche se in Italia il rito della cremazione si diffuse nella parte settentrionale solo a partire dalla media età del bronzo.
Ma a cosa è dovuto questo aumento esponenziale in questi ultimi anni? Le motivazioni possono essere diverse: prima di tutto la Chiesa cattolica sin dal 1963, con l’istruzione “Piam et constantem”, ha stabilito che la cremazione non è “di per sé contraria alla religione cristiana”. Pensiero ribadito anche più recentemente, nel 2012, quando è stato affermato che la Chiesa non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l’anima, anche se non riconosce la dispersione delle ceneri dei defunti “nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo” né la loro conversione “in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti”. Quest’apertura ha ovviamente convinto le persone più legate ai precetti religiosi a valutare la scelta della cremazione.
Una seconda ragione è di tipo economico: i loculi sono sempre più costosi e difficili da trovare rispetto agli spazi per le urne cinerarie. I costi dei loculi per urne cinerarie sono molto più bassi di quelli per feretri, o addirittura quasi si azzerano nel caso si scelga la dispersione in natura delle ceneri o l’affidamento dell’urna ad uno dei familiari.
C’è poi una motivazione di sostenibilità ambientale; da un punto di vista ecologico, cremare un corpo comporta sicuramente un dispendio di energia (i forni crematori hanno un impatto inquinante soprattutto per l’aria), tuttavia i resti che ne derivano sono più facili da custodire poiché un’urna occupa molto meno spazio di un feretro. Chi decide per la dispersione delle ceneri in natura, in acqua, aria o terra, inoltre, compie una scelta che riporta simbolicamente le ceneri all’interno del cerchio della vita.
La tendenza sembra essere, dunque, ancora in crescita e prova ne è l’aumento dei forni crematori in tutta la Penisola anche nelle Regioni dove fino ad ora la presenza è stata minima.