Esattamente due anni fa, il mondo del calcio era in lutto per la morte, sulla soglia degli 83 anni, di Vujadin Boskov, storico allenatore della Sampdoria.

Boskov era nato nel 1931 a Begec, in Serbia, e, prima che allenatore, era stato un grande calciatore: dal 1946 al 1960, quasi tutta la sua carriera, aveva giocato nel Vojvodina di Novi Sad, disputando anche 57 incontri con la Nazionale jugoslava come mediano o mezzala, e partecipando a un’Olimpiade e a due mondiali.

All’età di 22 anni, Boskov era stato convocato dalla Fifa nella formazione del Resto d’Europa per una gara da disputare a Wembley contro l’Inghilterra, che si concluse 4-4. Il suo rapporto d’amore con la Sampdoria era iniziato quando l’uomo aveva 30 anni: era stata la società blucerchiata, infatti, ad ingaggiarlo inizialmente come calciatore, nella stagione 1961-1962, anche se, in quel periodo, Boskov non era al massimo della sua forma fisica.

Qualche anno dopo, dal 1963 al 2001, il serbo era stato allenatore degli Young Boys, squadra svizzera nella quale aveva anche giocato; è proprio in questi anni che Boskov aveva scoperto molti talenti, registrando notevoli successi. La Fk Vojvodina, nazionale jugoslava, il Den Haag e il Feyenoord nei Paesi Bassi, il Real Zaragoza, il Real Madrid e lo Sporting Gijon in Spagna, l’Ascoli, la Sampdoria, la Roma, il Napoli e il Perugia in Italia sono tutte squadre che hanno avuto il privilegio di venire allenate da Boskov.

Nel nostro Paese, il serbo è ricordato in particolar modo per lo storico scudetto vinto nel 1991 con la Sampdoria, l’unico della storia blucerchiata. Era stata la Sampdoria di Paolo Mantovani ad aver dato il via a un ciclo di coppe conquistate e perse, scudetti vinti e sfiorati. La squadra, grazie a Boskov, era diventata qualcosa di leggendario e irripetibile: Vierchowod e Lombardo, Pari e Dossena, Cerezo e Mannini.

«Nella mia vita ho vinto, ma lo scudetto con la Samp è il più bello e il più dolce. Perché l’ho conquistato nel campionato più difficile ed equilibrato del mondo, e perché era il primo per una società che doveva ancora compiere mezzo secolo di vita. È un po’ come quando ti nasce il primo figlio: gioia e allegria sono maggiori»: erano state queste le parole con cui lo stesso Boskov aveva commentato la storica conquista dello scudetto blucerchiato.