Le pietre di Genova.

Se percorsi con attenzione, i carruggi della nostra città possono fornirci molte informazioni e curiosità sul passato della Superba: pietre, bassorilievi e lapidi incastonate nei palazzi rappresentano la testimonianza di storie legate alle conquiste dei genovesi nel Mediterraneo, o al passaggio degli Alleati, alla fine della seconda guerra mondiale.

Le pietre che compongono il suolo di vico Pinelli, per esempio, conservano ancora il segno delle ruote dei carri che, per secoli, hanno percorso questo carruggio. Su un muro in via Scurreria, invece, è incastonata una pietra patriottica: si tratta dell’Italia Turrita, ovvero la personificazione nazionale del nostro Paese, nelle vesti di una donna, con in mano una bandiera, che indica la scritta "Italia libera Iddio lo vuole e lo sarà", motto del Risorgimento italiano.

Molti vicoli presentano, inoltre, diversi trofei di guerra, che i genovesi portarono in città in seguito alle loro imprese compiute nel Mediterraneo: tra questi, c’è il leone incastonato sulla facciata di palazzo Giustiniani. Un altro aspetto affascinante e curioso è rappresentato dalle numerose scritte e simboli, impressi dalla polizia militare alleata nel 1945, sui muri che formano il perimetro del centro storico, per avvertire i soldati di non spingersi in questi carruggi, teatro di risse e di furti.

E che cosa volevano dire le lettere impresse alla base di alcuni edifici, come una R cerchiata? Si tratta d’indicazioni in merito alla posizione di rifugi antiaerei (la R), d’idranti, o di pozzi, che gli uomini dell’UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea) avevano pitturato sui muri dei palazzi, durante la seconda guerra mondiale.

Oltre a questi segnali disseminati sulle pareti degli edifici genovesi, un’altra presenza costante nei vicoli della città sono i bassorilievi dedicati a San Giorgio, che, si narra, apparve, vestito di bianco con una grande croce rossa, ai crociati genovesi prima dell’assalto decisivo a Gerusalemme. La bandiera con la croce rossa in campo bianco, conservata nella chiesa intitolata al santo, veniva consegnata alla nave ammiraglia della flotta delle galee genovesi al momento della partenza alla volta di nuove conquiste, per far conoscere al mondo la forza e la predominanza della Superba sui mari; soltanto ai capitani che si erano distinti per le loro imprese, contribuendo ad accrescere il valore della città, era concesso di ornare il proprio portone con l’effige di San Giorgio. È per questo motivo, che i bassorilievi dedicati al santo indicano che nel palazzo aveva vissuto un genovese valoroso, che si era battuto per la sua città.