"Era un uomo tutto d’un pezzo, che neppure le schegge delle mine sono state in grado di scalfire. Coriaceo come una roccia e amante della vita fino in fondo, è stato per noi un esempio di come con la forza della mente e la volontà tutto si può. Ha saputo guadagnarsi ovunque andasse il rispetto, la fiducia e l'ammirazione delle persone e delle istituzioni".

Le nipoti hanno voluto ricordare così Pietro Gnecchi, l’ultimo eroe della leggendaria battaglia del Lago Santo, spentosi all’età di 91 anni.

Tra il 18 e il 19 marzo 1944, nove partigiani, provenienti dal parmense, dallo spezzino e dal pontremolese, e al comando del calabrese Dante Castellucci "Facio", dal rifugio del Lago Santo, misero in fuga più di 80 nazifascisti; questa disfida, nota come la battaglia del Lago Santo, assunse ben presto i contorni di una leggenda, contribuendo ad alimentare la speranza e a incitare alla resistenza.

Pietro, il quale aveva combattuto nella sua Bedonia nelle brigate "Garibaldi" e "Monte Penna", partecipando alla battaglia di Fornovo e alla liberazione di Parma, nel dopoguerra era emigrato verso il Belgio, dove visse 46 anni della sua vita. Di questi 46 anni, 9 li trascorse lavorando in miniera, e ricevette, dal governo belga, tre medaglie al valore del lavoro.

Il ricordo di quella battaglia storica, e di quelle che lui stesso aveva definito venti ore d’"inferno", sono rimasti sempre vivi nella memoria del partigiano, così come non è mai venuta meno la riconoscenza al suo comandante Facio, che egli descriveva come un uomo coraggioso e in gamba come nessuno. Per questo motivo, Pietro non ha mai smesso di battersi per ottenere la verità sulla morte del suo comandante, ucciso dai suoi compagni; il suo più grande desiderio era quello d’incontrare il presidente della Repubblica al fine di conferire a Facio la medaglia d'oro per il suo eroismo.

Ci ha lasciato un uomo buono e genuino, che ha saputo combattere con tenacia e valore per difendere valori imprescindibili per una Nazione, come la libertà e la giustizia.

"Ciao Pietro, e grazie. Ci hai insegnato che cosa dev'essere la politica: un'attività che si ispira a valori collettivi, fatta da persone capaci di dare piuttosto che di chiedere": questo il saluto del Copresidente del Comitato Unitario della Resistenza della Spezia, Giorgio Pagano.