Un lascito "di particolare interesse storico ed antropologico, con particolare attenzione a usi e costumi del nostro territorio": così è stato definito l'archivio personale del cantautore e poeta dialettale spezzino scomparso dieci anni fa, Eugenio Giovando, che, in questi giorni, le figlie hanno donato al Comune della Spezia. Si tratta di 35 dischi in vinile, e circa 250 testi di canzoni, molte in dialetto spezzino.

Eugenio Giovando, che tutti conoscono per la sua "O bela Spèza", inno fanciullesco alla città cantato anche allo stadio dagli aquilotti, era nato nel quartiere di piazza Brin nel 1924, ed era innamorato della sua città: per tutta la sua vita, si è sempre dedicato allo studio e al recupero delle tradizioni, della storia, dell’arte e del dialetto della Spezia, fino a diventare uno dei maggiori esperti di cultura locale.

I contenuti delle sue liriche, sia in dialetto che in lingua, sono legati a temi importanti quali la vita, l’uomo, la libertà e l’amore, e spesso il poeta ricorre a metafore del mondo animale per biasimare i vizi umani. Giovando, dalla prima, nel 1980, fino a quella del 2007, è l’ideatore e autore di tutte le edizioni de O Lünàio dea Spèza, il calendario in dialetto spezzino che raccoglie proverbi, ricorrenze e sagre, ricordi, ricette e curiosità che celebrano la ricchezza del passato.

Oltre ad aver ideato, curato e organizzato per 30 anni il concorso nazionale di poesia dialettale Bèla Spèza, ed essere stato il direttore del periodico Tuttospezia, Giovando ha anche collaborato, per alcuni anni, con l'Associazione musicale, culturale e sportiva I ragazzi di Migliarina, poi con il Circolo Culturale Il Vecchio Portico. L’uomo, infatti, era anche un musicista prolifico e completo: ha composto musica sacra e canzoni per adulti e per bambini, disputando la finale dello “Zecchino d’oro” con la canzone Abracadabra. Vincitori di moltissimi premi e riconoscimenti, nel 1997 gli è stata assegnata la medaglia d'oro al premio Valente Faustini dei dialetti italiani di Piacenza, per la poesia Sinque Tère.
«I dialetti meritano la dignità e l’importanza di una lingua, pertanto è necessario evitare la loro scomparsa promuovendo una serie di iniziative volte al recupero e alla valorizzazione delle culture locali»: così la pensava l’indimenticabile Eugenio Giovando, che con il suo carisma, il suo ingegno e il suo amore per Spezia, ha contribuito in larga misura al processo di valorizzazione delle tradizioni locali e del dialetto spezzino.