"La sconfitta politica del terrorismo passa attraverso scelte coraggiose".

Più che d'attualità la frase di Walter Tobagi, che aveva solo 33 anni quando, un commando di terroristi, poi identificatesi con le Brigate Rosse, lo colpì a morte il 28 maggio 1980. Sono cinque i colpi di pistola che tolsero la vita allo scrittore che oggi avrebbe compiuto 69 anni.

Penna di grande orgoglio umbro, Walter Tobagi nasce a Spoleto e già giovanissimo, trasferitosi vicino Milano, inizia ad interessarsi e ad intraprendere la carriera di giornalista dapprima nel quotidiano “Avanti!” e successivamente nel quotidiano “Avvenire”, dove sviluppa la passione per la trattazione di temi di interesse sociale, focalizzando la sua attenzione, anche in relazione al suo parallelo lavoro nell'ambito universitario, su questioni di politica e diritto sindacale. La sua carriera evolve con il passaggio al “Corriere della Sera”, terreno di fioritura di inchieste importanti durante gli anni di piombo. Era proprio alle BR che s'interessò negli ultimi periodi della sua giovane vita, denunciando a gran voce la pericolosità del radicamento dell'ideologia all'interno dei luoghi di lavoro. Una vita sospesa tra la passione per il suo mestiere, che svolgeva con estrema dignità e coraggio, e la famiglia, in apprensione per la sorte del loro caro.

E' del Natale 1978 la lettera che Tobagi scrive alla moglie Stella. Quella stessa lettera, sfogliata oggi, genera estrema commozione ma anche rabbia, per un mondo in cui le epoche sembrano destinate a ripetersi.

"...al lavoro affannoso di questi mesi va data una ragione, che io avverto molto forte: è la ragione di una persona che si sente intellettualmente onesta, libera e indipendente e cerca di capire perché si è arrivati a questo punto di lacerazione sociale, di disprezzo dei valori umani per contribuire a quella ricerca ideologica che mi pare preliminare per qualsiasi mutamento, miglioramento nei comportamenti collettivi".