Il 12 febbraio febbraio 2001 se ne andava Tiberio Mitri, pugile triestino protagonista degli anni '50.

Occhi azzurri, capelli biondi, Tiberio era bello ed affascinante, con quel qualcosa, però, nel suo sguardo che parlava di un uomo tormentato. Nato nel 1926, perse il padre quando aveva dieci anni, dopo di che conobbe la vera miseria. Adolescente tentò vari lavoretti, dal garzone al radiotecnico, fino ad entrare in una palestra. La sua rabbia repressa e la voglia di rivincita, supportate da un fisico robusto, divennero la sua fortuna, spalancandogli le porte del pugilato.

Pochi anni e Frankie Carbo, il gangster controllava la boxe di New York, lo portò sul ring per il titolo mondiale: è il sogno americano dell'angelo biondo. Campione italiano nel '48, campione europeo nel '49, Tiberio Mitri iniziò il 1950 sotto eccellenti auspici e con numeri da primato: 53 incontri disputati, 49 vittorie, tre pareggi e un no contest. La marcia del pugile di Trieste verso il titolo mondiale sembrava inarrestabile.

Soldi, fama e la bellissima moglie Fulvia Franco, miss Italia '48, questa è la storia di un ragazzo che dalla polvere del rione di San Giacomo sfiorò la vetta del mondo.

Nel giorno del suo ventiquattresimo compleanno, il 12 luglio 1950, Tiberio affrontò su un ring della Grande Mela Jake LaMotta, l'italo-americano noto come "il Toro del Bronx". C'era in palio il titolo mondiale. Fu un incontro durissimo, durato quindici riprese, ma alla fine Mitri si arrese. Quello fu il momento più alto della sua carriera, seppur continuata brillantemente fino 1957, quando annunciò il ritiro.

Nel frattempo si fece apprezzare anche come attore, comparendo in pellicole del calibro de “La grande guerra”, e come scrittore.

Gli ultimi anni di vita di Mitri furono segnati da gravi problemi famigliari. Persero la vita i due figli Alessandro e Tiberia, e progressivamente perse non ebbe più il pieno controllo delle facoltà mentali, un problema riconducibile ai molti traumi subiti negli incontri, aggravato dalla dipendenza da alcol e cocaina.

Morì tragicamente a Roma, all'età di 74 anni, travolto da un treno lungo i binari della stazione Termini.

Lo ricordiamo con la dedica che rilasciò al momento della presentazione della sua biografia.

“Dedico questo libro ai pugili arrivati e a quelli mancati. A tutti gli atleti che nello sport credono di aver trovato la via di scampo. Agli uomini che nella vita cercano se stessi, per tutta la vita. A coloro che credono di aver trovato la strada, ma che per il solito imprevisto la perdono. In fondo, lo dedico ai diseredati come me, che pur emergendo sono tornati alle origini. Tutto ciò che si crea con fatica in una vita, si può distruggere in dieci secondi.”