Il 25 aprile 1911 se ne andava Emilio Salgari, celebre scrittore veronese di romanzi d'avventura, nonché considerato uno dei pionieri della narrativa fantascientifica nostrana.

Anche se la pronuncia Sàlgari, con l'accento sulla prima sillaba, è senza dubbio più diffusa, quella corretta sarebbe Salgàri, con l'accento sulla seconda "a". Si tratta infatti di un cognome fitonimico, derivato dal nome di una pianta, il salgàr, nome dialettale che indica una specie di salice, il "salice nero" Veneto.

Oltre che per la qualità della sua penna, Salgari sbalordì per la sua impressionante produzione romanzesca. Oltre ottanta sono le sue opere, oltre duecento se si considerano i racconti brevi. A lui dobbiamo la creazione di veri e propri “miti” della letteratura quali Sandokan, Yanez De Gomera e il Corsaro Nero.

Una quantità tale di successi che avrebbe reso chiunque un uomo ricco e di successo, ma non Salgari. Molti dei suoi romanzi ebbero il dovuto successo a posteriori e, a causa di una sua endemica ingenuità, i proventi non fecero altro che riempire le tasche degli editori. Anzi, la sua vità in realtà fu piuttosto triste e problematica, costellata da drammi e problemi economici. Nei primi del '900 la moglie iniziò a dare segni di squilibrio mentale, una malattia che prosciugò i pochi risparmi di Salgari fino al ricovero della donna in manicomio che lo lasciò senza soldi e con quattro figli a carico.

Così, il 25 aprile del 1911 si tolse la vita, salutando con una lettera colma di amarezza quel mondo della letteratura che gli aveva tolto tutti, anche la voglia di andare avanti.

« A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna. »