Correva il 12 aprile del 1822 quando venne a mancare Carlo Benigni, originario di Fabriano ed eletto vescovo di Terni dal 27 giugno del 1796. Ancora oggi viene ricordato come il “vescovo del sacrificio”, perché fu proprio lo stesso Carlo Benigni a fronteggiare l’arrivo in città delle truppe di Napoleone. Un lavoro non di poco conto, soprattutto per un prete che dovette sopportare nel 1810 di tornare nelle Marche per un decreto dell’imperatore che stabiliva la soppressione di chiese, conventi e case religiose.

Il vescovo Carlo Benigni rientrò a Terni solamente 4 anni dopo (una volta finita, dunque, l’avventura napoleonica) e come primo problema cercò di tornare in possesso dei beni della curia, venduti all’asta dal governo imperiale. Ne nacque una lunga negoziazione, e molte delle suppellettili preziose contenute nelle chiese e nei conventi non furono mai restituite.

A questo si aggiunse anche un problema “sociale”, che il vescovo tentò di combattere con ordinanze che ristabilivano le leggi canoniche contro i bestemmiatori e gli inosservanti delle feste.