Il 2 aprile dell’ anno 1907 rappresenta il culmine delle tensioni – iniziate due anni prima, già nel 1905 – per l’acciaieria di Terni: si era arrivati al punto in cui l’azienda voleva imporre una decisione unilaterale, che i lavoratori invece respingevano. Dopo il licenziamento di 24 operai, il conseguente sciopero e la chiusura dei cancelli della fabbrica da parte della direzione, ora si era arrivati alla cosiddetta “serrata” con la “Terni” che spense i forni. I 3.500 operai sarebbe rimasti dunque a casa, senza stipendio, fino a quando non avessero sottoscritto di accettare il valore dell’azienda.
Per i lavoratori si trattava ben più di un punto preso da tenere: avevano infatti chiesto alla direzione della “Terni” una revisione del regolamento interno risalente al 1897, e che prevedeva ad esempio il lavoro notturno senza alcun riconoscimento in busta paga. Seguirono momenti difficili: il sindaco Vittorio Faustini si recò a Roma per parlare personalmente con il presidente della “Terni” Orlando e con il primo ministro Giolitti, senza però ottenere nulla di fatto. In compenso scesero in campo a favore di Terni le organizzazioni operaie, i lavoratori di tutta Italia con varie raccolte e le agguerritissime donne ternane.
La città era sotto assedio, i carabinieri e la polizia erano ovunque per assicurare l’ordine pubblico. Una situazione – quella della serrata – che durò infine 93 giorni. Come compromesso, la “Terni” inserì nel regolamento alcune richieste dei lavoratori, ma nulla più. E quei primi 24 lavoratori licenziati (seppur con un indennizzo di 35mila lire) non vennero più integrati.
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