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  • La Spezia - 09/04/2016

    Esattamente un anno...

    Esattamente un anno fa, il 9 aprile del 2015, è scomparso all’improvviso, all’età di 62 anni, il ristoratore Carlo Antonini, co-gestore insieme a Giuliano Diamanti dell’enoteca con cucina Mulino del Cibus, in località Colombiera di Castelnuovo Magra.

    Carlo Antonini era originario di Tellaro, ma viveva con la famiglia a Castelnuovo e in passato era stato imbarcato in Marina, lavoro che gli aveva permesso di partecipare a diverse missioni con i corpi speciali in Libano, in Israele, in Australia e in Brasile. A metà degli anni Novanta, era poi entrato nella ristorazione, portando avanti quest’attività con passione, professionalità ed entusiasmo.

    Oltre al vino, nel suo locale Antonini proponeva anche diversi piatti della tradizione e persino Don Andrea Gallo e Gianni Mura erano stati clienti della sua enoteca, che gli aveva dato tante soddisfazioni.

    Gli abitanti del borgo di Castelnuovo, dopo la scomparsa di Valerio Sergiampietri, hanno dovuto dire addio a un altro noto ristoratore che si era fatto apprezzare e benvolere da tutti per la sua cordialità, disponibilità e amore per il proprio lavoro.

  • La Spezia - 08/04/2016

    Una morte assurda si...

    Una morte assurda si è portata via, un anno fa, Anna Cabano, direttrice 59enne dell’Inps di Sarzana.

    Anna Cabano, nata a Lerici ma residente ad Arcola, dopo tanti anni di lavoro alle Poste, aveva ottenuto un ruolo dirigenziale all’istituto nazionale della previdenza sociale, e da tempo era la direttrice dell’ufficio di Sarzana.

    «Una donna di straordinaria serietà e senso del dovere, mi dispiace non avere avuto più occasioni per apprezzarne le qualità professionali. La sua scomparsa ci lascia tutti sbigottiti, in particolare per le circostanze in cui si è verificata». Erano state queste le parole con cui Bernardo Ristuccia, direttore Inps della Spezia, aveva commentato la morte di Anna Cabano.

    La sua prematura scomparsa ha causato sconcerto, dolore e incredulità in tutti quelli che la conoscevano: famiglia, colleghi e amici la ricorderanno sempre come una donna seria, professionale e innamorata del suo lavoro.

  • La Spezia - 07/04/2016

    Antica Osteria Al Ne...

    Antica Osteria Al Negrao


    Non c’è spezzino che non abbia mai mangiato una tipica mesciüa, dei testaroli al pesto oppure dei muscoli ripieni all’Antica Osteria al Negrao alla Foce. Ma quanti sanno che quello che è uno dei locali più tradizionali della città una volta era un frantoio?

    Il nome stesso “Negrao”, che deriva dall’aggettivo dialettale “negro”, si deve alle caratteristiche dell’ambiente circostante, dove si estendeva una boscaglia di piante d’olivo giganti, dette, appunto, negroni, tanto fitta da non far passare nemmeno la luce del sole.

    Fu nell’800, quando il vecchio torchio non permetteva più l’estrazione dell’olio, che il frantoio cedette il posto a una casa colonica, dove i mezzadri dei marchesi Castagnola, proprietari dei fondi agricoli, erano dediti alla vendita del vino, che veniva prodotto in abbondanza. Quando poi, nei primi del Novecento, venne introdotto lo smercio dei cibi casalinghi di rapida preparazione, i coloni iniziarono a dedicarsi spontaneamente all’attività commerciale d’osteria, finché l’esercizio non divenne un vero e proprio mestiere. I primi ad esercitarlo furono i fratelli Eugenio e Guglielmo Lupi, e dopo di loro si susseguirono diverse gestioni.

    Oggi, la macina del primitivo frantoio è l’ornamento d’entrata dello storico locale, dove si continuano a servire i piatti tipici della cucina spezzina.

  • La Spezia - 05/04/2016

    Un anno fa se ne and...

    Un anno fa se ne andava Don Augusto Caprili, storico parroco del Favaro.

    Nato alla Spezia il 18 maggio 1927, Don Caprili era stato ordinato sacerdote nel 1950 e, nel 1952, dopo aver svolto per due anni la funzione di vice parroco nella cattedrale di Santa Maria Assunta di Sarzana, il vescovo Giuseppe Stella lo inviò nel quartiere del Favaro, dove non c’era una parrocchia. Fu nel 1955 che venne eretta la parrocchia del Cuore Immacolato di Maria che Don Caprili aveva contribuito a formare, e di cui divenne il primo parroco. Da allora, anche se negli ultimi anni era costretto su una sedia a rotelle, Don Augusto non ha mai abbandonato il Favaro, prodigandosi, fino all’ultimo, per i suoi parrocchiani.

    I suoi impegni sono stati molteplici: da insegnante di religione nelle scuole statali del quartiere, ad assistente delle Acli e poi del Movimento cristiano lavoratori.

    Proprio per la dedizione che Don Caprili ha sempre dimostrato nei confronti della sua comunità, i fedeli della Pieve e del Favaro hanno voluto ricordarlo con una targa in bronzo che lo ritrae.

  • La Spezia - 05/04/2016

    I giardini pubblici....

    I giardini pubblici.

    É il 1824, quando a Spezia nasce il “Boschetto”, ovvero la prima area verde pubblica della città, che si trova tra il centro città e l’arenile, in corrispondenza di quello che oggi è il Palco della musica, l’opera in stile liberty dove si esibiva la banda della Regia Marina.

    È proprio a questi anni dell’epoca napoleonica, infatti, che risale la nascita dei giardini pubblici, quando la città inizia ad abbattere le mura di epoca medievale che la cingevano, al fine di aprirsi in direzione degli arenili. Inoltre, dal 1827, il nuovo parco cittadino inizia a ricoprire un ruolo fondamentale dal punto di vista sociale e commerciale, ospitando la fiera di San Cipriano. É poi nel 1869,con l’inaugurazione dell’Arsenale militare, che il numero degli spazi verdi in città iniziò ad aumentare, soprattutto tra il lungomare e viale Mazzini, e tra Largo Fiorillo e via Persio: i lavori per la realizzazione delle darsene e dei cantieri permettono, infatti, di riversare in mare la terra ricavata dallo scavo dei bacini, allontanando la città dal litorale e aumentando, di conseguenza, lo spazio per la nascita dei parchi e dei giardini attuali. Nel prato davanti all'attuale Palazzo Doria, lungo via Chiodo, viene realizzata un’aiuola circolare, che oggi ospita uno dei maggiori simboli della città, la scultura equestre di Antonio Garella dedicata a Giuseppe Garibaldi e inaugurata il 1 giugno 1913. La realizzazione del Teatro civico, concluso nel 1846, e del palazzo della famiglia nobile Da Passano, oggi sede della Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia, contribuiscono a proiettare in direzione del litorale e, dunque, dei giardini pubblici, la vita della comunità.

    Verso la fine dell’800, con il sindaco Paita, il verde pubblico inizia ad assumere un assetto simile a quello attuale, ma è tra gli anni Dieci e Venti del 900 che i giardini diventano proprio come li conosciamo noi oggi. Si deve infatti al pittore Felice Del Santo la realizzazione delle aiuole con palme, magnolie, aranci, agavi e pini marittimi che abbelliscono il verde pubblico.

    I nostri giardini pubblici, che ospitano anche il Centro Allende, spazio espositivo dedicato allo statista cileno, rappresentano il fiore all'occhiello della città, dove non è raro vedere spezzini che si recano qui per rilassarsi a leggere un libro sulle caratteristiche panchine del parco.

  • La Spezia - 04/04/2016

    Il 4 aprile di 9 ann...

    Il 4 aprile di 9 anni fa, il Consiglio provinciale della Spezia ha intitolato a Gino Patroni il Sistema bibliotecario provinciale. Ma chi era Gino Patroni?

    «Classe di ferro arrugginita alla svelta, mezzo geometra (per studi abbandonati), maestro elementare intero, con sette anni di liceo classico (impiegato in segreteria), già prigioniero in Germania, liberato dai francesi di Ledere e subito rifatto prigioniero per il coup de pòignard fascista del 1940, poi travet statale, giornalista professionista, depresso endogeno e indigeno (siccome vive alla Spezia, base navale e banale), abita di preferenza al reparto neuro ma sovente si ricovera a domicilio».

    Sono queste le parole con cui Gino Patroni parlava di sé: nato ad Ameglia nel 1920, e morto a La Spezia nel 1992, Patroni è stato un collaboratore del Secolo XIX e scrittore di numerose parodie, epigrammi, giochi di parole e nonsense. Ed è subito pera è il titolo della parodia, pubblicata nel 1959, della famosa poesia Ed è subito sera di Salvatore Quasimodo, grazie alla quale Patroni vinse il premio letterario Lerici-Pea. Un giorno da beone (1969), Una lacrima sul Griso (1973) e Crescete e mortificatevi (1975) sono solo alcuni dei titoli delle opere di questo brillante umorista.

    Legatissimo alla Spezia e cliente fisso del bar Peola in via Chiodo, Gino Patroni aveva scritto: “Adoro Milano, in particolare la sua stazione: lì ci sono i binari da dove partono i treni che mi riportano a Spezia”. Proprio sopra i tavolini del bar Peola, oggi una lapide con la sua figura lo ricorda.

  • La Spezia - 04/04/2016

    I Baracconi

    I prim...

    I Baracconi

    I primi di novembre degli anni Quaranta, il polo d’attrazione della Spezia diventava il quartiere di Mazzetta, quando in città arrivavano le attrazioni, i giochi e le luci del luna park del Viotto, o meglio, i cosiddetti Baracconi.

    Il termine dialettale rimanda alla capacità dei carri dei giostrai di “trasformarsi” in piste d’autoscontri, giostre e pagode, che si posizionavano nello spiazzo dell’attuale piazzale Kennedy, in via Veneto.

    Mazzetta diventava un vero tripudio di suoni, musica e colori, con l’odore inconfondibile del torrone e dello zucchero filato che oggi, agli spezzini, fa subito pensare alla tanto attesa Fiera di San Giuseppe di metà marzo. All’epoca, invece, erano i Baracconi l’evento più atteso dell’anno, quando i bambini e i ragazzi aspettavano novembre per giocare alla pesca miracolosa, per fare un giro sulla giostra o sulla ruota panoramica, per giocare al tirassegno o al flipper, oppure per entrare nel castello fantasma.

    I Baracconi, insomma, soprattutto durante gli anni immediatamente successivi alla fine della guerra, hanno rappresentato una parentesi di allegria e di spensieratezza, e fino ai primissimi anni Settanta i giochi e le attrazioni hanno animato le giornate grigie e malinconiche dell’inverno spezzino.

  • La Spezia - 02/04/2016

    Un anno fa, all’età...

    Un anno fa, all’età di 57 anni, se ne andava Valerio Sergiampietri, titolare della storica trattoria Armanda, noto locale nel centro storico di Castelnuovo Magra.

    Il ristoratore, a metà gennaio dello scorso anno, era stato colpito da una grave influenza, degenerata in un’insufficienza respiratoria che aveva aggravato le sue condizioni.

    Valerio era un personaggio molto conosciuto in tutta la Val di Magra, grazie ai piatti tipici della cucina castelnovese, realizzati con ingredienti genuini, che quotidianamente presentava nel locale dove era cresciuto. Armanda era infatti il nome della madre di Valerio, la quale aveva trasmesso al figlio tutta la passione e tutti i segreti di una cucina legata alla tradizione e al territorio. Era stata la nonna di Sergiampietri, nel 1908, ad aprire, nel borgo di Castelnuovo, l’osteria con la suggestiva terrazza che si affaccia sulla vallata del Magra.

    Valerio, partendo dalle ricette tipiche della sua terra, era riuscito a modernizzare la sua cucina, al punto che la trattoria Armanda è diventata un punto di riferimento anche al di fuori della nostra provincia; Jovanotti aveva scelto di festeggiare lì, due anni fa, il suo compleanno, e il locale aveva ospitato anche Costacurta, Luigi Veronelli, Franco Iseppi e molti altri personaggi noti. Fu proprio dopo aver assaggiato un piatto di lattughe in brodo di Valerio, che Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, ebbe l’intuizione dei futuri presidi della sua associazione.

    Valerio Sergiampietri, grazie alla passione e alla dedizione che ha sempre dimostrato nei confronti del lavoro nella sua storica trattoria, si era guadagnato la stima e l’ammirazione di molti, per questo la sua prematura scomparsa ha lasciato un grande vuoto.

  • La Spezia - 02/04/2016

    La colonna di San Ro...

    La colonna di San Rocco.

    Forse non tutti gli spezzini sono a conoscenza di quello che fu, un tempo, il simbolo della loro città, andato perduto durante gli ultimi anni della Seconda guerra mondiale: la colonna di San Rocco.

    Si tratta di un pilastro di marmo di tre metri d’altezza sormontato da un capitello di granito e da una statuetta del santo, il quale, secondo la tradizione, aveva protetto la comunità spezzina da una tragica epidemia di peste che imperversava in tutta Europa. Da un lato, il capitello recava scolpito lo stemma della Repubblica di Genova, e, dall’altro, quello della Spezia, con la torre sormontata da un aquilotto con le ali spiegate pronto a spiccare il volo: si tratta dello stesso aquilotto che, oggi, è diventato il simbolo della squadra di calcio della città. Questo oggetto importante fu trasferito, all’inizio del secondo conflitto mondiale, al convento delle Clarisse, nella speranza di salvaguardarlo insieme ad altri reperti di valore; purtroppo, però, il complesso venne raso al suolo dai bombardamenti inglesi, e tutte le testimonianze del passato andarono distrutte. La statua raffigurante il santo era stata scolpita, probabilmente, nel 1568, ma le notizie riguardanti i tre reperti risultano incerte e scarse. Nel 1489, quella che oggi è piazza Beverini, ma che, una volta, si chiamava piazza della Corte, venne rialzata di un paio di scalini dal piano stradale, e la colonna di San Rocco venne posizionata in un angolo. Invece, l’area dove oggi c’è il grattacielo, nell’Ottocento era occupata da diverse casupole, ed era lì che si svolgevano le funzioni civili, religiose, politiche e giudiziarie della città fin dal Medioevo. Inoltre, lo spiazzo dove si affaccia la Curia, sin dai primi anni del ‘400, ospitava il mercato di frutta e verdura, dove si vendevano i prodotti degli orti e del bosco provenienti da Biassa e dalle colline circostanti, ma anche dalla Val di Magra e dalle campagne massesi.

  • La Spezia - 01/04/2016

    Parco del Colombaio...

    Parco del Colombaio

    Nella zona periferica di Spezia, verso ovest, dietro lo stadio Alberto Picco, si trova oggi il Parco del Colombaio, da dove qualche tifoso, durante le partite dello Spezia, si accontenta di sbirciare il campo da gioco.

    Il Colombaio, con le sue distese verdi e i numerosi alberi, rappresenta un polmone verde per la città, un luogo adatto ai cani ma anche ai bambini; questi ultimi, infatti, hanno la possibilità di giocare nello spazio dedicato all'infanzia, accanto al ristorante situato all'interno del parco.

    Ma da dove deriva il nome “Colombaio”?

    Il parco deve la sua denominazione all’antica costruzione che, in passato, era adibita ad allevamento di piccioni viaggiatori del Regio Esercito: prima dell’utilizzo del telegrafo, nei primi decenni del XX secolo, questi animali rappresentavano, infatti, uno strumento di comunicazione fondamentale. Oggi la struttura, un tempo sede dell’allevamento, ospita proprio il ristorante con l’area dedicata ai bambini. Alla fine degli anni ’70 del XX secolo, terminata l’attività dell’allevamento militare, la costruzione aveva invece ospitato diverse famiglie.

    Inoltre, la pista ciclabile che oggi attraversa il Colombaio sorge su quella che un tempo era l’antica ferrovia militare che, dalla stazione cittadina, giungeva sino all’Arsenale. È proprio a questo tracciato che la curva Ferrovia dello stadio deve il suo nome.

  • La Spezia - 31/03/2016

    Mi sembra utile e in...

    Mi sembra utile e interessante tenere sveglia la memoria su piccole o grandi cose che interessano o hanno interessato la nostra città

  • La Spezia - 31/03/2016

    Si è spento ieri, al...

    Si è spento ieri, all’età di soli 57 anni, il cantautore cuneese Gianmaria Testa, il quale, in coppia con il comico Paolo Rossi, era stato il protagonista di uno degli eventi più attesi e importanti all’interno del Festival della Mente di Sarzana nell’estate 2014.

    Gianmaria Testa era nato nel 1958 a Cavallermaggiore e, dopo aver svolto la professione di capostazione allo scalo ferroviario principale di Cuneo, si era dedicato alla sua vera grande passione: la musica. Dopo aver vinto, nel 1993 e nel 1994, il Festival di Recanati dedicato ai nuovi talenti della canzone d’autore, nel 1995 aveva debuttato in Francia con l'album "Montgolfieres" . Nel corso della sua carriera ha pubblicato nove album e suonato circa 3000 concerti tra Francia (dove si è esibito per quattro serate allo storico teatro Olympia di Parigi), Germania, Italia, Austria, Belgio, Canada, Stati Uniti e Portogallo. Nel 2006 era uscito il suo disco dal titolo Da questa parte del mare, interamente dedicato al tema, sempre attuale, delle migrazioni. Significative furono anche le sue collaborazioni in ambito teatrale: nel 2004, Gianmaria Testa prese parte a due produzioni importanti, RossinTesta, viaggio surreale con Paolo Rossi e Chisciotte e gli invincibili, da un testo inedito di Erri de Luca. È stato proprio il viaggio, che è uno spazio aperto, un pezzo di destino, un tempo sospeso all’interno del quale ci può stare dentro tutto: la musica, il sogno, la speranza, la parola, la risata, e soprattutto la sensazione – sempre più tangibile – di essere sempre e comunque… fuori luogo, condiviso con Paolo Rossi, il fulcro dello spettacolo, dal titolo Fuori luogo, che il 30 agosto 2014 il cantautore ha tenuto alla Fortezza Firmafede di Sarzana, gremita di gente, riscuotendo un grandissimo successo.

    Era stato il cantautore stesso, nel maggio del 2015, a dichiarare di essere malato: “Per mesi non ho detto niente perché avevo paura di rompere le scatole alla gente. Alla fine mi sono reso conto che è meglio raccontare, è meglio spiegare". Se n’è andato un grande artista che, in punta di piedi, con pochissime apparizioni televisive o passaggi radiofonici, riusciva a raccontare, tramite la musica, e con una sottile vena poetica, la vita delle persone semplici e umili.

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