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  • Genova - 09/06/2016

    9 giugno 1985: Genov...

    9 giugno 1985: Genova piange la scomparsa del saggista, drammaturgo, scrittore ed educatore Norberto Sopranzi.

    Genovese classe 1904, Sopranzi dimostra amore per la letteratura sin da piccolo, e, a soli 14 anni, scrive novelle per il Corriere dei Piccoli; animato da autentici ideali antifascisti, e terminati gli studi umanistici con ottimi risultati, entra a far parte della redazione de Il Lavoro di Genova, il meglio dell'antifascismo intellettuale italiano dell’epoca. Inoltre, quando ha solo 24 anni, e in pieno regime fascista, gli viene offerta la cattedra di Letteratura Italiana all'università di Bologna, ma, denunciato come oppositore, gli vengono annullati i titoli di studio, e il giovane è costretto all’esilio.
    Temuto dal regime, è costretto a partecipare al concorso di Direttore della Tipografia della Provincia di Genova, che aveva sede nel seminterrato dell'Ospedale Psichiatrico di Cogoleto, dove può essere facilmente sorvegliato. Vinto il concorso, è proprio durante la permanenza alla tipografia, che Sopranzi elabora l’ergoterapia, un metodo terapeutico per malattie mentali, basato sulla consapevolezza della necessità d’una adeguata attività lavorativa, in grado di conferire dignità al malato. A questo scopo, fonda Questo nostro ambiente, la rivista scritta, illustrata e stampata dai malati di mente, e distribuita negli ospedali psichiatrici. Il manifesto dell'insurrezione del 25 aprile 1945, che compare sui muri di Genova, composto e stampato da Sopranzi, preannuncia la fine della guerra, terminata la quale l’uomo, finalmente libero, può mettere in atto l’ergoterapia, dando vita a un gruppo teatrale formato da soli malati mentali, i quali recitano testi scritti da loro o dallo stesso Sopranzi.

    Sempre in quegli anni, fonda anche una compagnia teatrale, rappresentando, tra le altre, la sua opera di successo in vernacolo genovese Capitan Dodè, considerata la più importante opera teatrale in dialetto. Con le lauree finalmente riconosciute, Sopranzi può dedicarsi all’insegnamento, e inizia a lavorare alla scuola media Pier Maria Canevari di Genova, dove crea, con gli studenti e i docenti, il Notiziario Scolastico, un mensile da lui diretto, che approda in tutte le scuole medie italiane, ottenendo critiche positive da parte di quotidiani e riviste a livello nazionale.

    Uomo di grandissima cultura, e autore di numerose novelle e racconti, Sopranzi non si è mai piegato al regime fascista, mettendo anche a rischio la propria vita; sempre impegnato nel sociale, si è dedicato, fino all’ultimo, ad aiutare gli altri. Membro di Azione Cattolica e co-fondatore del Manipolo Poveri Camminatori di Sestri, il genovese ha partecipato attivamente alla politica tra le file del Partito Popolare.

  • Genova - 06/06/2016

    “Vogliamo solo dirti...

    “Vogliamo solo dirti grazie per quello che hai fatto per noi. E per il modo speciale in cui lo hai fatto, ben al di là delle vesti ufficiali e dei periodi trascorsi a prendere lezioni. Perché c’è chi la storia l’ha scritta sul campo e chi, come te, l’ha scritta dietro una scrivania. Elargendo consigli dietro agli occhiali spessi, o mettendo a disposizione la fonte delle tue competenze. Forse stavolta non è il caso di dilungarsi in chiacchiere. Spegniamo la luce e passiamo a salutarti.”

    È questo il messaggio che il Genoa Cfc ha dedicato a Davide Scapini, figura storica all’interno dei quadri dirigenziali del Grifone, scomparso ieri, all’età di 61 anni.

    Da segretario generale negli anni 80 e 90, Scapini era poi diventato amministratore delegato della squadra rossoblù, svolgendo, di fatto, anche diverse e svariate mansioni.

    Dopo gli studi universitari e le esperienze, da giovanissimo, in Lega Calcio nella città d’origine, l’uomo aveva esordito come dirigente nel Pisa del presidente Anconetani, arrivando a essere uno dei più grandi esperti italiani di diritto sportivo e di regolamenti federali. Dopo un lungo periodo trascorso nella squadra genovese, era poi stato richiamato sotto la gestione Preziosi, e aveva anche ricoperto il ruolo di segretario, nell’area sportiva della Juventus.

    Grazie alla sua grande determinazione e forza di volontà, Scapini aveva affrontato con coraggio una malattia che, dalla seconda metà degli anni 90, si era accanita contro di lui, e aveva ripreso a lavorare.

    Intelligente, brillante, e tenace, l’uomo era uno spirito libero, che non approvava alcuni meccanismi del calcio moderno: proprio per questo motivo, Scapini aveva deciso di mettersi in proprio, intrapreso l’attività di agente di calciatori. Dal suo studio a Forte dei marmi o dalla casa a Bocca di magra dove viveva, seguiva giovani volenterosi e con la voglia di arrivare, tra cui il portiere Eugenio Lamanna, e, inoltre, dirigeva corsi di formazione per aspiranti procuratori.

    È stato proprio il portiere rossoblù Lamanna a dedicargli la recente vittoria sull’Inter: “Non sta attraversando un buon momento, gli sono vicino”.

    “Mi ha insegnato tanto, non solo la conoscenza e l’interpretazione del regolamento, ma anche il rigore, l’applicazione e soprattutto la passione con cui fare questo mestiere. Se ne va un maestro, un amico, ma, soprattutto, una persona leale e per bene”: così Massimo Ienca, l’attuale segretario della Sampdoria che aveva iniziato la carriera al Genoa proprio come suo allievo, ha ricordato Scapini.

  • Genova - 06/06/2016

    Genova è in lutto pe...

    Genova è in lutto per la morte della psicologa 33enne Chiara La Chiesa, scomparsa in seguito a un incidente, durante la discesa del rio Lerca, tra Arenzano e Cogoleto.

    La giovane psicologa genovese stava, infatti, praticando il canyoning, una disciplina estrema conosciuta anche come torrentismo, che consiste nella discesa sd corsi d’acqua senza imbarcazioni, ma soltanto con corde e imbragature.

    Dopo la maturità scientifica a Genova, Chiara aveva proseguito gli studi a Firenze, dove, nel 2009, si era laureata in psicologia dello sviluppo e dell’educazione; nel 2014, aveva poi ottenuto l'abilitazione all'esercizio dell'attività Psicoterapeutica presso l'Ordine Psicologi della Liguria, ed era molto conosciuta nella nostra città.

    La sua tragica e prematura scomparsa ha gettato nello sconforto tutti quelli che la conoscevano.

  • Genova - 06/06/2016

    I risseu.


    Oggi so...

    I risseu.


    Oggi sono pochi i palazzi e le chiese genovesi in cui è possibile ammirare le decorazioni fatte di ciottoli di pietra che caratterizzano l’antica arte ligure: i cosiddetti risseu.

    Ciottolo in genovese, i risseu sono mosaici acciottolati che ornano non soltanto i sagrati delle chiese, ma anche i giardini delle ville, dei palazzi, le piazze, e le strade della Liguria. Nati intorno al XVII e XVIII secolo, queste decorazioni deriverebbero dall’usanza di cospargere le strade di petali e di fiori, durante i giorni della processione del Corpus Domini, e trarrebbero ispirazione dai mosaici greco-romani che i mercanti genovesi avevano ammirato nei loro viaggi attraverso il Mediterraneo.

    La realizzazione del risseu partiva da un disegno precostituito sulla pavimentazione da decorare, e la base dell’opera era costituita da una malta di calce e di porcellana in polvere; i ciottoli venivano poi scelti in base al loro colore, nero, bianco, e, a volte, anche il rosso, e venivano, infine, livellati da un lato per fare in modo che si adattassero alla base sulla quale venivano fissati, per poi andare a ornare sia gli spazi pubblici della città, che i cortili e i palazzi del centro storico di Genova. Armando Porta, mosaicista per passione, è ricordato per essere stato uno dei più famosi e importanti maestri di quest’antica arte, e contribuì anche al rifacimento del noto mosaico delle Turchine a Palazzo Reale di via Balbi.

    Un’altra forma d’arte che si ritrova spesso nel nostro centro storico, è costituita dai laggioni, piastrelle decorate a rilievo, che decorano non soltanto gli spazi interni di diversi palazzi di Genova, ma anche il campanile di Sant’Agostino, unico nel suo genere. È sempre grazie ai commerci della Superba con la Spagna in particolare, e alla mescolanza con le culture che si affacciano sul Mediterraneo, che i liguri hanno portato queste caratteristiche decorazioni fino a Genova.

    Il palazzo di via Luccoli 26 conserva i maggiori e più spettacolari laggioni della città; tuttavia, è da quando l’anziana che vendeva ceste di vimini nell’atrio del palazzo ha deciso di smettere la sua attività, che il portone è stato chiuso, e, di conseguenza, i laggioni potevano essere ammirati soltanto dai condomini.

  • Genova - 06/06/2016

    I risseu. Oggi so...

    I risseu.


    Oggi sono pochi i palazzi e le chiese genovesi in cui è possibile ammirare le decorazioni fatte di ciottoli di pietra che caratterizzano l’antica arte ligure: i cosiddetti risseu.

    Ciottolo in genovese, i risseu sono mosaici acciottolati che ornano non soltanto i sagrati delle chiese, ma anche i giardini delle ville, dei palazzi, le piazze, e le strade della Liguria. Nati intorno al XVII e XVIII secolo, queste decorazioni deriverebbero dall’usanza di cospargere le strade di petali e di fiori, durante i giorni della processione del Corpus Domini, e trarrebbero ispirazione dai mosaici greco-romani che i mercanti genovesi avevano ammirato nei loro viaggi attraverso il Mediterraneo.

    La realizzazione del risseu partiva da un disegno precostituito sulla pavimentazione da decorare, e la base dell’opera era costituita da una malta di calce e di porcellana in polvere; i ciottoli venivano poi scelti in base al loro colore, nero, bianco, e, a volte, anche il rosso, e venivano, infine, livellati da un lato per fare in modo che si adattassero alla base sulla quale venivano fissati, per poi andare a ornare sia gli spazi pubblici della città, che i cortili e i palazzi del centro storico di Genova. Armando Porta, mosaicista per passione, è ricordato per essere stato uno dei più famosi e importanti maestri di quest’antica arte, e contribuì anche al rifacimento del noto mosaico delle Turchine a Palazzo Reale di via Balbi.

    Un’altra forma d’arte che si ritrova spesso nel nostro centro storico, è costituita dai laggioni, piastrelle decorate a rilievo, che decorano non soltanto gli spazi interni di diversi palazzi di Genova, ma anche il campanile di Sant’Agostino, unico nel suo genere. È sempre grazie ai commerci della Superba con la Spagna in particolare, e alla mescolanza con le culture che si affacciano sul Mediterraneo, che i liguri hanno portato queste caratteristiche decorazioni fino a Genova.

    Il palazzo di via Luccoli 26 conserva i maggiori e più spettacolari laggioni della città; tuttavia, è da quando l’anziana che vendeva ceste di vimini nell’atrio del palazzo ha deciso di smettere la sua attività, che il portone è stato chiuso, e, di conseguenza, i laggioni potevano essere ammirati soltanto dai condomini.

  • Genova - 01/06/2016

    Rapallo è in lutto p...

    Rapallo è in lutto per la scomparsa improvvisa del 91enne Franco Bagnasco, storico farmacista e nonno del sindaco della città, ma anche personaggio apprezzato per le sue doti artistiche.

    Originario di Novi Ligure, Bagnasco era noto, a Rapallo, per la sua attività di farmacista, che da anni portano avanti il figlio e il nipote; i cittadini lo ricordano per la gentilezza e la disponibilità con cui dispensava consigli a chi si recava nella sua farmacia.
    Ma l’uomo si era fatto conoscere e apprezzare anche per le sue doti di pittore e di scultore, lodate anche da Vittorio Sgarbi: Bagnasco aveva, infatti, partecipato a biennali e quadriennali a Torino e a Roma, aggiudicandosi il primo premio, alla manifestazione «Il pittore dell’anno». Le sue opere, richieste anche all’estero, in collezioni pubbliche e private, hanno ottenuto importanti riconoscimenti a Bari, a Marsala, a Bergamo e a Zoagli.
    Risale allo scorso anno, l’ultima apparizione pubblica di Bagnasco, che aveva festeggiato i suoi 90 anni, prendendo parte a un’iniziativa organizzata all’Accademia culturale.

    “Alla politica, io preferisco l’arte”: questa era la frase che questo importante personaggio di Rapallo e del Tigullio ripeteva spesso.

  • Genova - 30/05/2016

    Il 120esimo complean...

    Il 120esimo compleanno del cinema Sivori.

    Era il 30 maggio 1896, quando, all’interno della piccola sala del cinema Sivori a Genova, uno schermo cinematografico mostrava l’avvicinarsi di un treno in bianco e nero, con i passeggeri che salivano e scendevano: per la prima volta in Italia, gli spettatori in platea assistevano a una proiezione cinematografica, dal titolo "L'arrivo di un treno alla stazione di La Clotat" dei fratelli Lumièr, i primi cineasti della storia. Questi ultimi, solo un anno prima, avevano presentato, a Parigi, il loro primo spettacolo, e, nella nostra città, ottennero un successo strepitoso: «L'interessantissimo spettacolo continua ad attrarre un pubblico numeroso e distintissimo.

    Le rappresentazioni si succedono così frequenti che la saletta d'aspetto è sempre zeppa di persone in attesa d'aver passo nella sala. Questa nuova applicazione scientifica non può non destare il massimo interesse, e il pubblico lo dimostra con vivi applausi alla fine d'ogni seduta. La meraviglia del pubblico per questi nuovi quadri viventi è sempre più giustificata dalla grande curiosità che desta questa grande applicazione fotoelettrice». Questo riportavano i quotidiani genovesi, proprio nel 1896.

    Con i suoi 120 anni, il cinema Sivori è, dunque, il più antico e longevo cinema ancora in attività in Italia.

  • Genova - 27/05/2016

    Oggi, si ricorda il...

    Oggi, si ricorda il famoso tenore Giuseppe Anselmi, scomparso a Zoagli, il 27 maggio del 1929.

    Dopo aver studiato violino e pianoforte, Anselmi debutta a Genova nel 1900, dando inizio alla sua brillante carriera: canta al San Carlo di Napoli, e il suo debutto a Londra risale al 1901, quando l’uomo si esibisce alla Royal Opera House, interpretando il Duca nel Rigoletto. Qualche anno dopo, è la volta del teatro alla Scala di Milano, ma è prima dello scoppio della Grande Guerra, che Anselmi registra i suoi più grandi successi, cantando a San Pietroburgo, a Varsavia e, soprattutto, a Madrid.

    La sua ultima apparizione pubblica risale al 1926, quando partecipa a un concerto di beneficienza a Rapallo, dopodiché Anselmi si dedica all’insegnamento del canto e alla composizione di musica. I critici lo hanno definito come uno degli ultimi esponenti dell'antico metodo del belcanto italiano, dotato di una bella presenza, di una voce dolce da tenore lirico, che usò con rara grazia e affascinante eleganza.

    Noto come “il tenore delle donne”, Anselmi era legatissimo a Madrid, ed è proprio qui, al museo del Teatro Real, che il cuore del tenore è esposto in un’urna.

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  • Genova - 27/05/2016

    Grotta Doria

    Quanti...

    Grotta Doria

    Quanti genovesi conoscono l’esistenza della grotta Doria e la sua curiosa storia?

    Definita "fonte del Capitano Lercaro" dal Vasari, che la cita nel suo trattato “Vite”, la grotta Doria fu edificata intorno al 1550 dall'architetto Galeazzo Alessi, su commissione del capitano di flotta Erasmo Doria Galleani. Nel 1603, quando Giovanni Andrea Doria acquistò le proprietà di Marcello Doria, essa entrò a far parte del giardino retrostante la Villa di Fassolo, della famiglia nobiliare genovese.

    La grotta era composta da un vestibolo, distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, e da una magnifica sala ottagonale, sulle cui pareti si possono ammirare diverse stalattiti e scene raffiguranti due anziani barbuti, che rappresentano le divinità del Nilo e del Tevere. Ancor più spettacolare è il soffitto ottagonale suddiviso in spicchi, con storie mitologiche riprese dalla Metamorfosi di Ovidio; ma ciò che davvero lascia senza fiato chi visita questa grotta sono le pareti e la cupola, ricoperte di conchiglie, di coralli, di ciottoli, di cristalli, e di frammenti di stalattiti naturali, che danno vita a meravigliose raffigurazioni mitologiche.

    Un tempo, sopra la cupola troneggiava una lanterna, i cui vetri permettevano il passaggio della luce, e a sua volta, sopra di essa, si trovava l’aquila simbolo della famiglia Doria; oggi, la lanterna non c’è più, e dalla cupola non trapela nessuna luce, perché chiusa da una lastra di cemento.

    Fu dopo la costruzione della strada ferrata e la lottizzazione del terreno della Villa di Fassolo, che la grotta Doria venne dimenticata. Il merito di aver salvato dall’oblio questo splendido luogo è tutto del professor Lauro Magnani, il quale, in seguito al ritrovamento di una fotografia della grotta risalente alla seconda guerra mondiale, condusse una ricerca nei vari condomini della zona. Dopo tanto cercare, fu una signora, nel 1948, a riconoscere il luogo: la grotta era, infatti, la sua cantina, diventata un deposito di vini. Dopo la messa in vendita dell’appartamento con annessa la grotta-cantina, esso venne acquistato dai Doria, che poterono, così, riappropriarsi di un pezzo importante della storia del loro giardino.

  • Genova - 26/05/2016

    Profondo cordoglio h...

    Profondo cordoglio ha suscitato la scomparsa di monsignor Giacomo Barabino, vescovo emerito della Diocesi di Sanremo e Ventimiglia, mancato ieri, all’età di 88 anni.

    Grazie al suo spiccato carisma, il prelato era amatissimo dai fedeli; nato a Livellato di Ceranesi nel 1928, nel 1940, era entrato nel seminario minore del Chiappeto a Genova, per poi venire ordinato presbitero dall’arcivescovo Giuseppe Siri nel 1952, e, nel 1974, papa Paolo VI lo aveva nominato vescovo.

    Una carriera brillante, quella di mons. Barabino, il quale, ha svolto il suo ministero nella parrocchia di Pegli, e poi in quella di San Siro a Nervi; dal 1953, al 1973, il prelato ligure è stato, inoltre, segretario personale dell’arcivescovo. Il 7 dicembre 1988 è una data importante, diventata storica per la Diocesi di Sanremo: Papa Giovanni Paolo II lo aveva, infatti, nominato vescovo di Ventimiglia-Sanremo, e, un anno dopo, mons. Barabino aveva preso possesso della Diocesi, nella cattedrale di Ventimiglia. Era il 20 marzo del 2004, quando lo stesso Papa aveva accolto la sua rinuncia, presentata per raggiunti limiti di età.

    Tutta la Diocesi ha accolto con dolore la morte del prelato ligure, che rappresentava un’importante figura di riferimento per i fedeli del ponente ligure, i quali lo ricordano con profonda stima e affetto sincero.

  • Genova - 23/05/2016

    Esattamente 14 anni...

    Esattamente 14 anni fa, ci lasciava il grande cantautore genovese Umberto Emilio Bindi.

    Nato a Bogliasco nel 1932, Bindi rappresenta uno dei più talentuosi esponenti della scuola genovese dei cantautori, della quale fanno parte Bruno Lauzi, Gino Paoli, Fabrizio De André e Luigi Tenco, tutti con il merito di aver rivoluzionato la musica leggera italiana.

    È con l’amico e paroliere genovese Giorgio Calabrese, che Bindi compone le sue canzoni più famose, tra cui Arrivederci, che conquista il secondo posto a Canzonissima del 1959, e Vento di mare, che parla del mare della sua Liguria. Con Gino Paoli, invece, il cantautore genovese scrive Il mio mondo, canzone che viene anche tradotta in inglese da Carl Sigman, e che raggiunge il primo posto nelle classifiche di singoli di tutto il mondo. Tuttavia, nonostante i numerosi riconoscimenti internazionali, Bindi deve far fronte alle difficoltà e alle discriminazioni derivanti dalla sua omosessualità.

    Con il passare del tempo è il titolo dell’LP (long playing) pubblicato, nel 1972, per la casa discografica Durium; nella prima canzone dell’album, Io e la musica, il cantautore parla del suo rapporto con la musica e del potere terapeutico che ha avuto su di lui. Con il passare del tempo è anche il titolo del programma, scritto sempre da Calabrese, che Bindi presenta un anno dopo, e durante il quale parla di sé, esprimendo il desiderio di essere ascoltato.
    Nel 1976, al programma della Rai Adesso musica, presenta il suo nuovo LP Io e il mare, definendosi non un cantante, ma un compositore che scrive canzoni. Dopo la pubblicazione dell’album D’ora in poi nel 1982, nel 1985, Alfredo Rossi realizza l'album dal titolo Bindi, uno dei primi omaggi discografici dedicati a un artista ancora vivente, nel quale il cantautore genovese canta, tra gli altri, insieme a Loredana Bertè, Fiorella Mannoia e Ornella Vanoni.
    A causa di gravi problemi col fisco, Bindi, affetto anche da problemi di salute, vive gli ultimi due anni della sua vita in povertà; è Gino Paoli a lanciare, nel 2002, un appello affinché all’uomo vengano concessi i benefici della legge Bacchelli a sostegno degli artisti. Ma il cantautore, spentosi a Roma, il 23 maggio del 2002, non fa in tempo a godere del vitalizio che gli è stato concesso.

    La sua predilezione per melodie eleganti e arrangiamenti sontuosi, che lo hanno avvicinato ai cantanti di musica classica, rendono Bindi un personaggio indimenticabile, il quale, grazie a canzoni come Il nostro concerto, Il mio mondo, e La musica è finita, ha contribuito ad arricchire il panorama della grande musica italiana.

  • Genova - 22/05/2016

    22 maggio 2013: si s...

    22 maggio 2013: si spegne don Andrea Gallo, prete di strada animato da valori pacifisti e anarco-cristiani, che ha fondato la Comunità di San Benedetto al Porto di Genova.

    Nato a Campo ligure nel 1928, non ancora sacerdote, don Gallo si unisce ai partigiani nella lotta al nazifascismo, col nome di battaglia Nan, diminutivo di Nasan, in genovese, “nasone”. Dopo la guerra, entra nel noviziato dei Salesiani di don Bosco di Varazze, e, nel 1953, parte con le missioni per il Brasile, dove inizia a studiare teologia; tornato in Italia a causa delle tensioni politiche, nel 1959 viene ordinato presbitero, e poi inviato come cappellano al noto riformatorio per minori Garaventa. È qui che don Gallo tenta di sostituire i metodi educativi repressivi con una pedagogia della fiducia e della libertà, andando incontro alle esigenze dei giovani.
    Incardinato, per sua volontà, nell'Arcidiocesi di Genova nel 1964, viene inviato a Capraia, dove diventa cappellano del carcere; è poi in qualità di vice parroco alla parrocchia del Carmine, che il prete spende tutte le sue energie in favore degli esclusi e degli emarginati, facendo diventare la parrocchia un punto d’incontro per giovani e adulti in difficoltà. Con l’accusa di essere comunista, nel 1970, don Gallo è costretto ad abbandonare la parrocchia del Carmine, nonostante il disappunto di tutta la città di Genova, che, con proteste e manifestazioni, si schierò dalla sua parte.
    È qualche tempo dopo, che don Gallo dà vita alla Comunità di San Benedetto al Porto, impegnandosi sempre di più in favore degli esclusi e dei bisognosi, schierandosi a favore della liberalizzazione delle droghe leggere.

    Dal 2006 ha partecipato attivamente alle manifestazioni di protesta del movimento No Dal Molin di Vicenza, contro la costruzione di una nuova base militare Usa nella città veneta, e, nel 2009, era presente al Genova Pride, schierandosi in favore dei diritti degli omosessuali. Nello stesso anno, don Gallo riceve il Premio Fabrizio De André, e, nel 2010, pubblica il suo libro Sono venuto per servire, scritto a quattro mani insieme a Loris Mazzetti, collaboratore di Enzo Biagi.

    Amante della canzone d'autore genovese, il prete ha partecipato, con Gino Paoli, anche al film "Una canzone per il paradiso", di Nicola Di Francescantonio.

    Il 22 maggio 2013, don Gallo muore a Genova nella sede della comunità di San Benedetto al Porto, e, nel 2014, gli viene intitolata la piazza più grande dell'area del Ghetto di Prè, racchiusa tra via Lomellini e via delle Fontane.

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