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  • La Spezia - 06/07/2016

    Giorgio Oligeri

    Addio a Giorgio Oligeri.

    Se n’è andato oggi, all’età di 69 anni, Giorgio Oligeri, storico dirigente del calcio dilettante della nostra provincia.

    Negli anni 70, Oligeri sostituì l'amico Gianfranco Maggiari come presidente alla Garibaldina, col quale poi fondò il Ressora, vincendo il campionato di terza categoria. Sempre in coppia con Maggiari, l’uomo divenne dirigente della storica Migliarinese di Nicolini in serie D; dopo l'esperienza al Folbas, che poi diventerà Fo. Ce. Vara, Oligeri è ricordato, sempre a Migliarina, con in panchina mister Stefano Strata, durante la scalata dalla Promozione all'Interregionale. Dirigente nel passaggio dalla Migliarinese alla Tarros, prima proprio a Migliarina, poi a Romito e, infine, nella sede di Sarzana, la brillante carriera dell’uomo si è conclusa nel 2013, con il ruolo di direttore generale al neo nato Real Fiumaretta.

    La prematura scomparsa di Oligeri ha gettato nello sconforto tutti quelli che lo conoscevano e che lo apprezzavano per l’impegno costante che l’uomo ha sempre dedicato al calcio e ai giovani.

  • La Spezia - 04/07/2016

    "Non sarà la stessa...

    "Non sarà la stessa cosa senza di te, ma sarà sempre come ci hai insegnato, è una promessa. Tu sarai ancora orgoglioso di noi, e a noi mancherà il nostro presidente". Così gli amici e i colleghi di Is.For.Coop ricordano Danilo Ravera, dirigente di primo piano del mondo cooperativo e del sistema formativo ligure, prematuramente scomparso all’età di 60 anni.

    Le prime esperienze di cooperazione sociale di Ravera in Liguria risalgono agli anni 80, quando aveva fondato la cooperativa co.ser.co, e poi una formazione per manager di cooperative; sempre impegnato in diversi progetti di crescita e di organizzazione di un sistema regionale, l’uomo si era distinto per la creazione del consorzio regionale delle cooperative sociali di tipo A il CRESS e di tipo B OMNIA, ed era presidente di IS.for.coop, un ente di formazione professionale, operante in tutta la nostra regione.

    Pur non nascondendo la sua appartenenza politica e la sua storica tradizione di sinistra, Ravera aveva sempre gestito con correttezza i rapporti politici istituzionali, collaborando lealmente con tutti gli amministratori.

    Avendo lavorato per più di trent’anni alla costruzione del sistema d’imprese sociali e della formazione professionale, con profondo impegno, generosità, e dedizione, l’uomo rappresentava l’emblema e il punto di riferimento della cooperazione sociale in Liguria.

    Ravera preferiva girare la Liguria per occuparsi a fondo della gestione e dell’organizzazione, piuttosto che partecipare a convegni o manifestazioni; la sua vita lavorativa sembrava coincidere con quella privata, dal momento che per lui, sempre impegnato a farsi carico dei problemi, non esistevano orari, né ferie. La cosa più importante era salvare posti di lavoro, o realizzare un servizio che potesse aiutare persone in difficoltà: attento ai numeri e ai bilanci, e competente, dal punto di vista tecnico, dell’organizzazione dei servizi e delle attività, l’uomo poneva in primo piano il benessere della gente. Questo suo impegno costante e instancabile non è venuto meno neanche durante la sua malattia, che non gli ha impedito di lavorare ricoprendo i molti incarichi che ricopriva. Chi lo ha conosciuto sa che il carattere introverso e riservato di Ravera nascondeva, in realtà, una sensibilità e un’umanità fuori dal comune, che gli hanno permesso di farsi apprezzare e stimare da molte persone.

    "Intelligente e generoso, ha dedicato gli anni migliori della sua vita a indicare la strada e a risolvere problemi alle cooperative, ai consorzi e alle associazioni con cui ha avuto rapporti. Persona straordinaria, nel senso proprio del termine". Queste le parole di Enrico Casarino, Coordinatore Regionale LegaCoop Liguria.

  • La Spezia - 03/07/2016

    3 luglio 1980: un gr...

    3 luglio 1980: un grave incendio divampa all’interno del transatlantico Leonardo Da Vinci, in disarmo all’interno del porto della Spezia.

    Sono passati 36 anni dal terribile rogo, probabilmente dovuto a un corto circuito, che distrusse il lussuoso transatlantico, nonostante il tempestivo intervento della Capitaneria di porto e dei Vigili del fuoco, in collaborazione con l’equipaggio della Nave Lupo della Marina militare.

    La Da Vinci, varata nel 1960 nel cantiere di Sestri Ponente, era stata costruita per sostituire l’Andrea Doria, affondata presso le secche di Nantucket, di fronte a New York, durante uno dei più noti disastri marittimi della storia.

    Fiore all’occhiello per le compagnie di navigazione italiane, le 33mila tonnellate della nave, la più tecnologica dell’epoca, permettevano di trasportare più di 1300 passeggeri, i quali potevano godere di ogni comfort. Dal 1960, questo imponente transatlantico, le cui caratteristiche lo rendevano particolarmente adatto per le traversate oceaniche, rappresentava il mezzo principale per il servizio passeggeri dall'Italia verso gli Stati Uniti. A partire dal 1970, la rotta verso le Hawaii divenne la rotta preminente della Da Vinci, che, partendo dal porto di New York e attraversando il Canale di Panama, in 41 giorni di navigazione raggiungeva l’arcipelago.

    Era il 1978, quando, dopo oltre 25 anni di servizio, la nave, a causa della concorrenza spietata dei trasporti aerei che, in quegli anni, si stavano sostituendo alle crociere, restò ancorata nella rada di Porto Venere; con la mancanza di un acquirente, la Da Vinci, nel 1980, venne spostata definitivamente nel porto della Spezia per il disarmo.

    “Erano circa le 12, quando ricevemmo la comunicazione della Capitaneria di Porto che ci invitava a prestare assistenza tempestivamente ai rimorchiatori già impegnati sul luogo dell’incidente. I vigili del fuoco impiegarono tutto il giorno e tutta la notte a far cessare le fiamme, ma ormai danneggiata gravemente, la nave iniziò lentamente a inclinarsi su un lato”. Questo il ricordo degli attimi concitati subito dopo il rapido divampamento delle fiamme di Pietro Antonio Cimino, allora sergente imbarcato sulla Lupo.

    In sole 12 ore, esattamente 36 anni fa, il gigante di metallo si dovette arrendere alle fiamme. Si riuscì a trainare la Da Vinci soltanto fino a una zona del golfo dal fondale poco profondo, dove, adagiata su un fianco, rimase per più di un anno, prima della demolizione.

  • La Spezia - 01/07/2016

    È con profondo cordo...

    È con profondo cordoglio che la nostra città ha accolto la scomparsa, all’età di 84 anni, di Lino Defranchi: "Landa" per gli amici, l’uomo era conosciuto e stimato per essere stato un valido fotografo, e poi un abile operatore di ripresa con telecamera professionale.

    Defranchi è infatti ricordato per le riprese suggestive della riviera spezzina e di tutta la val di Vara, che aveva svolto qualche anno fa a bordo di un elicottero; ma l’uomo, in passato, aveva praticato anche i mestieri di contadino, di falegname e di vivaista.

    Una vita dedita al lavoro, dunque, quella dell’instancabile "Landa", che aveva contribuito a riprendere, con la sua telecamera, i momenti più importanti e significativi di diverse manifestazioni. Oggi, del cineoperatore, restano le numerose videocassette, e i CD con i suoi lavori.

  • La Spezia - 01/07/2016

    Un anno fa, La Spezi...

    Un anno fa, La Spezia piangeva la scomparsa di Franco Chiappini, ispettore scolastico a riposo, e, per diversi anni, personaggio di primo piano nell’ambito della vita culturale e politica della nostra città.

    Formatosi all’interno della parrocchia della Chiappa, Chiappini era un esponente importante del mondo cattolico, e, nella seconda metà degli anni 50, divenne il braccio destro di don Luciano Ratti, il quale aveva riunito un gruppo di giovani impegnati al rinnovamento del mondo cattolico, e attivi in campo culturale, sociale e politico.

    Chiappini ha solo 25 anni quando viene eletto, nel 1956, consigliere comunale per la DC; il mandato dura soltanto un anno, ma il giovane viene rieletto nel 1965, diventando assessore al personale della giunta di centrosinistra, guidata da Ezio Musiani. È proprio questa giunta che, nel 1969, si dimette per appoggiare la nostra città nella difesa del cantiere del Muggiano.

    Nominato presidente diocesano di Azione cattolica, Chiappini si mostra rispettoso della gerarchia, ma, allo stesso tempo, sostiene con entusiasmo idee innovatrici; lasciata di buon grado la presidenza, rimane un socio attivo dei maestri cattolici. Fino alla metà degli anni 90, l’uomo ricopre, con serietà e passione, il ruolo d’ispettore scolastico, mostrandosi sempre pronto e disponibile all’interazione coi docenti: Chiappini sosteneva, infatti, che il suo compito non consisteva nel sanzionare, ma nell’educare con discrezione e con pacatezza.

    Sempre con un occhio di riguardo verso la disabilità, l’ispettore scolastico spezzino si è distinto per il suo impegno costante all’integrazione scolastica. Spentosi nel 2015, Chiappini, insieme a don Ratti, è stato un personaggio di notevole spessore, al quale la nostra città deve molto.

  • La Spezia - 30/06/2016

    Il 30 giugno del 194...

    Il 30 giugno del 1949, se ne andava l’ingegnere e studioso Aldo Bibolini.

    Nato a Sarzana nel 1876, Bibolini si laurea in ingegneria civile a Roma, e, tra il 1900 e il 1902, assume il ruolo di vicedirettore della Società Italiana dei Forni Elettrici a Roma.

    Vinto il concorso per entrare nel Corpo delle Miniere all'ufficio distrettuale di Firenze, l’uomo ottiene la laurea come Engenieur Civil des Mines in Francia; tornato in Italia, lavora alla Scuola mineraria in Sicilia, insegnando materie quali scienza delle costruzioni, mineralogia e geologia.

    Dopo aver diretto la Scuola mineraria di Agordo nel bellunese, allo scoppio della Grande Guerra, Bibolini viene trasferito a Iglesias e, nel dopoguerra, insegna al Politecnico di Torino, dove oggi un’aula porta il suo nome, e diventa direttore dell'Istituto Superiore d'Ingegneria.

    Autore di diverse pubblicazioni di argomento geologico e minerario, l’ingegnere sarzanese è ricordato anche per essere stato socio dell'Accademia Lunigianese delle Scienze "Giovanni Capellini", oltre che membro del Comitato per la geologia nel Consiglio Nazionale delle Ricerche, socio nazionale dell'Accademia delle Scienze di Torino, e membro effettivo dell'American Institution of Mining & Metallurgical Engineers.

  • La Spezia - 25/06/2016

    La leggenda del polp...

    La leggenda del polpo campanaro.

    Non c’è spezzino che non conosca la leggenda del polpo che, si narra, salvò dall’assalto dei pirati uno dei borghi più affascinanti e suggestivi del nostro golfo: Tellaro.

    Tellaro nasce nel 1600 come roccaforte affacciata sul mare, costruita per difendere un paese più a monte, Barbazzano, il borgo più ricco della zona grazie alla produzione di olio d’oliva; quando si avvertiva un pericolo proveniente dal mare, a Tellaro si suonavano le campane, e ci si preparava a resistere al nemico.
    Secondo la leggenda, una notte tempestosa, durante la quale nessuno si sarebbe aspettato un loro attacco, i pirati saraceni, sotto la guida di Gallo d’Arenzano, decisero di sbarcare a Tellaro per fare razzia di beni e ricchezze. Ma per loro ci fu imprevisto: proprio quando ormai si trovavano vicinissimi alla riva, le campane della chiesa di Tellaro iniziarono a suonare, e gli abitanti del borgo riuscirono a sventare l’assalto nemico. Ma chi era stato a dare l’allarme? Non la sentinella, ma bensì un polpo gigante, che fu trovato attaccato alle funi campanarie.

    La leggenda, dunque, vuole che sia stato proprio un polpo a salvare lo splendido borgo dalla furia dei pirati, e, per questo motivo, il simbolo di Tellaro è proprio questo animale, disegnato perfino sui pass auto per i residenti.

    Qui, nel 1999, morì lo scrittore, giornalista e regista cinematografico Mario Soldati, ma il protagonista indiscusso del paese resta il polpo, celebrato, ogni estate, con una delle sagre più famose della provincia, la sagra del polpo.

  • La Spezia - 24/06/2016

    Oggi, attraverso la...

    Oggi, attraverso la lettura dei suoi versi, Sarzana ricorda lo scrittore e poeta Paolo Bertolani, scomparso nel 2007: nato a La Serra di Lerici nel 1931, l’uomo fece del dialetto della sua terra il punto di forza della sua poesia.

    "Le sue poesie più belle sono scritte nel dialetto della Serra di Lerici, che assomiglia poco al genovese di Edoardo Firpo, non ha nulla della cantilena dolce con cui si parla a Ponente, e si distanzia dallo stesso spezzino per una sua sonorità più ispida e irta di dissonanze e dissolvenze": così Giuseppe Conte ha descritto la lingua usata dal poeta.

    Bertolani era apprezzato soprattutto per la sa capacità di trasformare in poesia anche gli oggetti e le situazioni quotidiane più semplici e banali, conferendo dignità a una cultura povera e contadina: La Serra e i suoi abitanti rappresentano il punto di partenza della sua poetica, legata a temi esistenziali, come il confronto con la morte.

    La capacità del poeta ligure di evocare situazioni e cose appartenenti alla vita di tutti i giorni attraverso l’utilizzo del dialetto, che lui considerava la sua “lingua madre”, gli permisero di entrare in contatto con personalità letterarie importanti quali Mario Soldati, Vittorio Sereni e Attilio Bertolucci. Bertolani, inoltre, fece parte della giuria in premi letterari prestigiosi, come il Premio LericiPea, che, nel 1990, vinse con "Libi", che nel suo dialetto significa "libri".
    Proprio per il profondo legame storico letterario e che il poeta aveva con il territorio del Golfo dei Poeti, i comuni spezzini di Castelnuovo Magra e di Lerici gli concessero la cittadinanza onoraria. Colpito da una grave malattia che non gli diede scampo, Bertolani, nell'opera "Raità da neve", aveva rappresentato la fine vicina attraverso versi profondamente malinconici, che sottolineavano come la rarità della neve, per chi vive vicino al mare, rappresenti il simbolo dei sogni dell'esistenza, destinati a svanire.
    "In tempi di crisi del linguaggio poetico che ci ha coinvolto tutti, ha fatalmente scoperto l'erba miracolosa necessaria, e che non voglio chiamare medicina.

    Si trattava della sua lingua materna, quella usata tutti i giorni, ma recuperata andando alle sue origini più remote, ma fatta rivivere da una mente sensibile, capace di arricchirla con esperienze linguistiche fuori del tempo e dello spazio": con queste parole, Attilio Bertolucci parlava di Bertolani, il quale, alla sua amata frazione della Serra, ha anche dedicato un’ode.

  • La Spezia - 24/06/2016

    Era il 24 giugno di...

    Era il 24 giugno di cinque anni fa, quando il Comune della Spezia intitolò alla contessa di Castiglione Virginia Oldoini, i giardini davanti al conservatorio della città, che facevano parte della vasta tenuta fondiaria della sua famiglia.

    Figura femminile di spicco nell’ambito del Risorgimento italiano, Virginia Oldoini discendeva da una nobile famiglia spezzina, ed era la figlia del marchese Filippo Oldoini, deputato della Spezia al Parlamento subalpino, e di una nobildonna fiorentina. Seppur nata nel capoluogo toscano nel 1837, la contessa si è sempre considerata spezzina; la villa paterna, che la donna definiva la Montagna, sulle pendici dei Cappuccini, era composta da numerosi poderi e appezzamenti agricoli, con un parco che degradava fino al mare e che dominava la città.

    Sposata con il conte piemontese Francesco Verasis di Castiglione, che aveva conosciuto allo stabilimento balneare annesso all'Albergo Croce di Malta della Spezia, l’affascinante e perspicace Virginia fu la protagonista scaltra di ufficiose missioni mondano-diplomatiche, in favore della causa italiana: Cavour, cugino della donna, la utilizzò, infatti, come spia, al fine di favorire la sua politica presso i francesi. Diventata l’amante dell'imperatore Napoleone III, la giovane contessa fece in modo che le truppe francesi intervenissero a fianco dello stato Piemontese nella terza guerra d'Indipendenza, che portò all'unità d'Italia.

    Grazie al suo spirito vivace, e alla sua bellezza e intelligenza, Virginia rappresenta uno dei pochi esempi di donna politica, che ha ricoperto un ruolo importante nella storia europea e nel raggiungimento dell’Unità d’Italia.

    Nonostante questo, la donna venne ben presto dimenticata da tutti, e morì in solitudine, reclusa volontaria in un appartamento in Place Vendòme a Parigi, nel 1899; all'ingresso del palazzo in cui abitava, nell’attuale piazza Sant’Agostino a Spezia, un busto in bronzo dello scultore Francesco Vaccarone la ricorda.

  • La Spezia - 22/06/2016

    "La triste notizia d...

    "La triste notizia della scomparsa di Irene Orlandini ha lasciato un velo di tristezza in tutti: noi rappresentanti delle associazioni e istituzioni, noi operatori commerciali spezzini, noi che la conoscevamo".

    È con queste parole che Confcommercio La Spezia, esattamente un anno fa, esprimeva il suo profondo cordoglio per la morte improvvisa della commerciante spezzina di 59 anni, venuta a mancare prematuramente il 21 giugno 2015, mentre stava facendo il bagno a Lerici, nello stabilimento di Maralunga.

    Irene Orlandini era titolare del negozio d’arredamento “Irene Casa”, dove si potevano acquistare mobili e accessori originali e di una certa particolarità, che non si trovavano in altri negozi della città. La donna era una vera imprenditrice, sempre alla ricerca di nuovi trend di mercato, e di nuove nicchie: il suo Mini Toys era stato un precursore dei tempi, un punto di riferimento per le famiglie e per i bambini.

    Chi conosceva Irene la ricorda come una persona dinamica e sempre in movimento, dotata del cosiddetto "fiuto imprenditoriale", che la portava a sperimentare ed esplorare nuovi settori.

  • La Spezia - 20/06/2016

    La nostra città pian...

    La nostra città piange la scomparsa di Rino Canese, per molti anni dirigente provinciale della Democrazia cristiana, e più volte eletto nella Circoscrizione Centro e in quella di Pegazzano-Fabiano-Campiglia-Biassa, venuto a mancare all’età di 94 anni.

    Nato a Campiglia nel 1921, Canese si era sempre dedicato con passione ed entusiasmo alla politica, aderendo al Partito Popolare, alla Margherita, e, infine, al Partito democratico.

    Molto impegnato anche nell'associazionismo cattolico, l’uomo ha ricoperto la carica di presidente diocesano della Conferenza di San Vincenzo per più di vent’anni, svolgendo con impegno e saggezza diversi incarichi anche in sede regionale e nazionale. Per questo, oltre quella di commendatore della Repubblica, la chiesa gli aveva assegnato una decorazione pontificia.

    Da pensionato comunale, Canese andava fiero del fatto di essere l'unico dipendente vivente del Comune della Spezia, dove, dal 1939, aveva lavorato come impiegato alla Divisione Economato, nello storico Palazzo Cenere, abbattuto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Durante quest’ultima, l’uomo era imbarcato sui mezzi antisommergibili della Marina, ed era stato decorato con due Croci al Merito.

    Nel 2013, il sindaco della Spezia Federici aveva invitato Canese a partecipare alla cerimonia dedicata alla collocazione di un reperto del vecchio palazzo municipale, nell'area vicino alla chiesa di Santa Maria Assunta.

    Una vita piena, dunque, quella di Canese, un uomo che si è sempre mostrato legatissimo alla piccola e suggestiva frazione di Campiglia, che oggi lo ricorda con affetto e ammirazione.

  • La Spezia - 20/06/2016

    Il 18 giugno di 10 a...

    Il 18 giugno di 10 anni fa, moriva, a Sarzana, Padre Nazareno Taddei, personaggio di spicco nell’ambito della cultura e dello spettacolo del 900.

    Nato a Bardi in provincia di Parma, ed entrato in seminario a soli 12 anni, nel 1952, Taddei viene ordinato sacerdote all’interno della Compagnia di Gesù, di cui diventa Segretario nazionale per le comunicazioni sociali. Laureato in Lettere e pedagogia, e con una Licenza Maggiore in filosofia, un Baccalaureato in Teologia, e un diploma di Magistero in composizione e direzione d'orchestra, l’uomo ha insegnato in diverse università italiane e internazionali, ha fondato molti centri di studio sulla comunicazione, e diretto parecchie esperienze editoriali. Taddei è conosciuto anche per aver pubblicato innumerevoli saggi e studi sulla comunicazione, e per aver collaborato con importanti riviste di cinema e con la Civiltà Cattolica.

    È il 1953, quando l’uomo fonda il CiSCS, il Centro internazionale dello Spettacolo e della Comunicazione Sociale di Roma, un’associazione culturale di promozione sociale senza scopo di lucro, che si occupa dell’educazione e dell’uso delle nuove tecnologie di comunicazione sociale, sotto il profilo dello studio, della cultura e dell'educazione, ma nello spirito del Concilio Vaticano II. Oggi, il CiSCS, la cui direzione e amministrazione hanno sede a Spezia, continua l’attività avviata da Taddei e basata sui suoi studi, anche attraverso la pubblicazione della rivista Edav (Educazione Audiovisiva). Teorico della comunicazione sociale di fama internazionale, l’uomo ha elaborato la "Teoria della comunicazione di massa" e le metodologie della "lettura strutturale" e della "strategia dell'algoritmo contornuale", conosciute in tutto il mondo come "Metodo Taddei".

    Maestro e consulente di registi come Pasolini e Fellini, e regista per circa 10 anni delle prime trasmissioni religiose della Rai-Tv, Taddei fu costretto a lasciare la RAI a causa dello scandalo che scoppiò nel 1960, quando fu incaricato, dalla rivista Civiltà Cattolica, di recensire il film La dolce vita di Federico Fellini, che aveva suscitato ire e preoccupazioni negli ambienti ecclesiastici; l’uomo difese il film, sostenendo che trattasse il tema della Grazia, e venne esiliato dal Sant’Ufficio per due anni.

    Uomo di chiesa atipico, aperto alle novità, Co-fondatore dell’Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema, membro di Commissioni ministeriali, di Comitati scientifici, e della Commissione Cultura della Provincia della Spezia, Taddei si è spento a Sarzana all’età di 86 anni.

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